Venuto al mondo

Che cosa si può dire di un racconto che ti strappa alle tue ore per oltre 500 pagine e ti avvince, ti delude e poi ti avvince di nuovo, trascinandoti prima nel fango e poi nel sangue con lo strumento sottile di una scrittura che ti porta dove vuole?

Quando mi bevo un libro mi capita sempre più spesso di trangugiare tutto per dovere, come il bambino immaginario della proverbiale minestra.

Non è il caso di “Venuto al mondo“, l’ultimo romanzo di Margaret Mazzantini. Qui si viene presi a strattoni e trascinati con tutta la violenza che serve nello schifo della brutalità umana, ma è un percorso parabolico alla rovescia che spicca dalle guglie dell’innamoramento, scende in picchiata nell’orrore di una guerra fratricida per trovare poi un suo equilibrio, una certa forma di stabilità orizzontale nel senso di consapevolezza che segue ogni esperienza abissale, ammesso di saperla guardare con lo sguardo di un destino che è dentro le cose, un destino che di per sé non è né buono né cattivo, perché è il senso stesso delle cose destinate a finire e, quindi, in un certo senso ne incarna la bellezza.

Questo racconto avvincente, mai banale e in un certo senso antisublime è anche in parte un romanzo storico, una storia d’amore così improbabile da sembrare vera schiaffata dentro la cronaca di un evento storico – l’assedio di Sarajevo – così agghiacciante da sembrare inventato. È un racconto che vi saprà sorprendere, senza l’artificio dei colpi di scena bensì con il lento accompagnamento verso la verità che non ti aspetti, ma alla quale l’autrice ti ha amorevolmente preparato sin dalle prime pagine. Assolutamente da non perdere!

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