Mirek Topolánek e il pulsante dell'autodistruzione mediatica

Mirek TopolanekNon so a voi, ma la vicenda umana dello sventurato Mirek Topolánek in fondo in fondo a me turba. Voglio dire, non stiamo a sottilizzare sulla natura delle attività ludicoricreative a cui ha preso parte a Villa Certosa insieme al nostro simpaticissimo Presidente del Consiglio, se lo facessimo dovremmo aprire una interminabile parentesi sulla natura umana e – soprattutto – sulla debolezza intrinseca del genere maschile nel regno animale, dagli emicefalocordati in poi.

Quello che più mi colpisce di questa vicenda è la definitiva e irrevocabile figura di melma che accompagnerà per sempre il nome del povero Mirek! Intendo dire che, volenti o nolenti, la Rete è oggi depositaria non solo del più grande oceano di cazzate mai generato della menta umana, ma anche della più impietosa e capillare collezione di indelebili tracce storiche che sia mai comparsa sulla faccia del nostro pianeta. La moltiplicazione infinita delle informazioni, anche di quelle apparentemente meno rilevanti, equivale ad una garanzia di conservazione che le renderà infinitamente più persistenti di qualsiasi altra fonte storica conosciuta in passato.

Dopo un simile episodio, nemmeno un uomo politico della levatura di Topolánek potrà mai cancellare dalla memoria collettiva quelle fotografie ed è quindi irrimediabilmente condannato alla gogna mediatica globale. Qualche anno fa, se un articolo di giornale avesse reso pubbliche simili fotografie, l’intera vicenda sarebbe caduta nell’oblio in un paio di lustri al massimo e solo la volontà politica di farle riemergere dal passato – da parte di un giornalista alla ricerca di notorietà o di un avversario politico senza scrupoli – avrebbe potuto riaprire il proverbiale armadio degli scheletri.

Da qualche tempo, però, le cose non vanno più così: è sufficiente digitare il nome di un individuo in un qualsiasi motore di ricerca per ottenere immediatamente il suo possibile sputtanamento. E questo senza alcuna concreta possibilità di replica e – cosa assai peggiore – per un tempo che va ben oltre i limiti esistenziali del malcapitato. Quello che lo storico medievalista poteva trovare a fatica – e solo per un individuo su milioni – nei bastardelli dei notabili dell’epoca, lo storico del 30esimo secolo lo troverà comodamente in una banca dati conservata in un qualsiasi archivio storico multimediale con un paio di clic. Ammesso che nel 30esimo secolo esista ancora qualcosa che faccia “clic”.

Certo, in merito alla vicenda di Topolánek i soliti limitatissimi benpensanti diranno che se l’è voluta lui, che le famigerate fotografie di Villa Certosa documentano la vera, infima natura di quell’individuo. In altre parole: che è stato lui a pigiare il pulsante dell’autodistruzione mediatica. Io invece provo compassione per chi, dopo decenni di lotta per emergere e affermare la propria persona – non so e non mi interessa come, non sta qui il punto – si vede irrimediabilmente condannato all’infamia e al ludibrio. Persino su WikiPedia, l’enciclopedia libera attorno alla quale come sapete si è già da tempo mobilitata una corrente di attivisti che ne promuove la conservazione per le generazioni a venire, si legge quanto segue:

Il 5 giugno 2009 alcune sue foto in cui appare nudo all’aperto – in evidenti condizioni di eccitazione – accanto ad un’ignota donna seminuda sono state pubblicate dal sito on line del quotidiano spagnolo El Pais, nell’ambito delle polemiche sulla pubblicazione delle foto di alcune feste svoltesi nella residenza Villa Certosa del premier italiano Silvio Berlusconi. Pur se le foto non mostrano il viso, censurato dal quotidiano, Topolànek ha ammesso il suo riconoscimento, pur riservandosi la possibilità che siano state ritoccate e di querelare il giornale per grave violazione della privacy.

Non dimentichiamo che quelle fotografie sono state scattate senza il consenso di Mirek Topolánek e che in qualche modo è stata violata la sua intimità. Personalmente trovo tutto ciò una gravissima barbarie, una sorta di condanna sommaria proveniente da un tribunale arbitrario, una condanna che avrà conseguenze spropositate rispetto all’entità della colpa, ammesso addirittura che di colpa si possa parlare.

P.S.: Sì, il titolo in stile episodio di Topolino – “Nonna Papera e il mistero delle torte volanti” – è ovviamente del tutto voluto. Ci sono venuto sù con quella roba disneyana, e allora?

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